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così volgare è la decorazione nella chiesa. Quest’opera è ai più ignota: nessuno almeno ne ha parlato. Solo qualche anno fa, dal chiostro fu trasportata nella chiesa.

La conservazione è perfetta, la patina ambrata aggiunge alla finitezza del lavoro la più squisita armonia d’oro. Anche nella iscrizione appostavi adesso si dice che fu già attribuita a Mino da Fiesole. E in favore di Mino non c’è che una ipotesi: che egli abbia voluto rifarsi delle critiche acerbe avute pel suo frettoloso lavoro al pergamo del Duomo. Ma se alcune particolarità stilistiche hanno valore, è da pensare ad un artista più forte, forse al Rossellino.

Severa su tante bellezze gentili dell’arte toscana, domina la fortezza detta di Santa Barbara, per la costruzione della quale Panfollia Dagomari lasciò nel 1233 una somma cospicua. Così quando Federico II si fu recato a Prato nel 1237 (secondo altri nel 1249) potè fare eseguire la disposizione testamentaria, da’ suoi architetti che vi riprodussero alcune parti del famoso Castel del Monte. La sua storia artistica viene perciò connessa alla questione della patria di Nicola Pisano da chi lo vuole pugliese.

Il tempo e gli uomini troppo hanno minato quella Fortezza, che fu anche per un secolo quasi il Palladio della libertà pratese. Possiamo ricordare con G. Guasti che