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Nella fanciulla che si libra a danzare e col gesto ampio del braccio destro accompagna la gamba sollevata, mentre con l’altra mano pudicamente regge i veli che ben lascian intravedere la tornitura delle forme, è tutta l’espressione del suo carattere. Masaccio gli era entrato come un diavolo nel corpo, e il partito architettonico e la ricerca del carattere e la distribuzione delle tavole e la stessa atmosfera gravido di vapori accesi ce lo ripetono abbastanza. Ma a Masaccio mancò il profumo carnale della donna; ma a Giotto la danzatrice Salome apparve piuttosto come un simbolo ideale: e a Masolino in Castiglion d’Olona la figura si eterizzò anche peggio per la insufficienza formale. Nella Salome di Fra Filippo la donna comincia a vivere per l’arte con tutta la seduzione che può essere in lei, finché la passione non la travolga.

Era lei, era lei il mirabile daimon: la imagine di Lucrezia Buti, la bella monaca dagli occhi chiari e dalla bocca di fragoletta. Perchè nella stessa composizione, triplice e pure così magicamente unificata dal significato del dramma ne’ suoi tre momenti essenziali, ella può riconoscersi nella regal donna fiorita di diadema che siede sulla tavola a destra e