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RATO ci saluta co’ putti di Donatello. L’infanzia e la danza sono due motivi di gioia come due fiamme che si uniscono in una. La gioia dell’alba sorgente è nei fanciulli, il desiderio della gioia e della felicità si esprime nella danza. Donatello, spirito rude ma aperto a tutte le armonie della vita, ha sentito questa potentemente.

Occorrevano quattro secoli perché un poeta d’Italia inneggiasse al pulpito marmoreo, come a un nido mirabile: occorrevano quattro secoli perché la dorata sinfonia dei sette compartimenti, quale sfavilla nei pomeriggi dai toni più intensi dell’alabastro e dell’ambra, alla delicatezza della cera bianca con una più viva nota di bronzo nel mezzo, fosse sentita e magnificata nel verso; e allo spirito animatore dell’artefice venisse fatta giustizia contro le sottigliezze della critica dommatica. Sono pur troppo recenti le osservazioni fatte su «la poca convenienza di un baccanale prescelto ad ornare un pergamo, destinato alla predicazione ed ai più severi riti del culto religioso». Ora, il pergamo non servì mai alla predicazione, sì bene soltanto alla ostensione di una reliquia di Maria Vergine. Per questa reliquia della Cintola i Pratesi ebbero grande venerazione sin dal sec. XI: onde la consuetudine di mostrarla al popolo da un pergamo esterno, che fu da prima di legno e di pietra e poi nel 1330 fu decretato di marmo bianco con istorie sculte della Reliquia e di S. Stefano patrono della terra. Se non che, il candido pergamo fu eseguito fra il 1357 e il 1360 dal senese Nicolò di Cecco del Mercia: e con bassorilievi, pare, riferentisi largamente alla vita della Vergine.