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manenza di tramontate tradizioni di servaggio feudale, considerava l’emigrante quasi un ribelle al dovuto vassallaggio di sudditto, non ancora attenuatosi in dovere patriottico di cittadino.

Onde moltiplicati decreti e leggi proibitive in Inghilterra; imprigionamenti, confische negli Stati germanici; impedimenti vessatori in Spagna; divieti assoluti nei minori Stati, dove più geloso ero lo spirito di esclusivismo.

Fu prima la Gran Bretagna a comprendere quale avvenire di prosperità le fosse precluso dai pregiudizi d’una sfatata economia e d’un decrepito diritto pubblico, ed a spalancar le porte alla spontanea corrente d’espansione diretta a fecondare le colonie su cui l’ardimento dei navigatori aveva inalberato, fra solitudini selvaggie, il segno della conquista anglo-sassone. Nè tardarono a seguirne l’esempio la Francia, indi la Germania, la Svizzera, l’Olanda, l’Austria-Ungheria, le quali tutte, non paghe di sancire solennemente il principio di una piena libertà dell’espatrio, provvidero ancora, in determinate circostanze, a tutelarlo, con un deciso favoreggiamento ufficiale.

Ultima ad entrare in questa via di modernità e di giustizia l’Italia nostra, nella quale i cessati Governi aveano spinte a tal segno le cautele contro i pericoli politici dell’emigrazione, da renderla, in pratica, pressochè impossibile; e dove, anche dopo il 1860, l’ostilità antica durava pertinace e si esprimeva in forma scientifica negli scritti di parecchi fra i più eletti statisti ed economisti d’allora; il Gioia, il Minghetti, il Ferrara, il Carpi, concordi tutti nella premessa assiomatica del carattere dannoso dell’emigrazione. Applicazioni letterali di tale preconcetto apparvero quella vera grida spagnolesca che fu la circolare Lanza del ’73, la quale prescriveva ai Prefetti di frenare con ogni mezzo qualunque emigrazione, anche lecita e spontanea; nonchè l’art. 5 del Progetto Crispi del 1887, che concedeva al Ministro la facoltà di limitare il numero degli emigranti, così quanto alle provincie di origine come quanto ai paesi di destinazione.

Forza di eventi e maturità di tempi incominciavano però a condurre, anche nei cervelli più misoneistici, la luce. Ed essa uscì trionfante, non senza fieri contrasti a dir vero, dalla dotta discussione avutasi nel 1888 in Parlamento, la quale finì per concludere al definitivo riconoscimento teorico del diritto personale di emigrare.