Pagina:Prato - Italiani all’estero - 1905.pdf/29


italiani all’estero 25

di sviluppo imposte dai trattati non vietano l’attuazione dei progressi pedagogici più moderni; questi famigliari asili, dove ai figli degli operai più poveri si assicura il beneficio delle suppellettili e della refezione scolastica: questi santuari di italianità, i quali, assai più che dagli insufficientissimi stanziamenti governativi, traggono vita e prosperità dalla virtù paziente, ignorata, silenziosa di un corpo di insegnanti che l’ufficio educativo trasforma in apostolato di patriottismo, in una milizia quotidiana di disinteresse, di carità, di pieno ed incondizionato sacrificio di sè.

A troppi italiani, pei quali la prevalenza egoistica, individuale o collettiva, della famosa questione di stomaco è divenuta dogma di Vangelo, tornerà probabilmente incomprensibile l’esistenza in natura di una classe di fossili antidiluviani che, per amore di un cencio tricolore sventolante sulla porta d’un modesto edificio scolastico, consentono a vivere mal retribuiti, di rado ricordati, lontani dalle famiglie e dalla patria, dedicando tutte le facoltà dell’ingegno, tutte le facoltà dello spirito e le tenerezze del cuore ad un’opera oscura, spesso disconosciuta, di educazione, di difesa nazionale.

Ma a questi umili soldati della coltura nazionale; alla piccola, pugnace schiera di volonterosi che con incredibili sacrifici pecuniari e personali mantengon alti nella colonia i segni insidiati dell’italianità, è gran tempo giunga dalla penisola quell’invocato appoggio, senza il quale la esiguità dei mezzi e le lusinghe dell’ambiente finiranno per aver ragione anche del più invitto vigor di propositi.

È illusione, lo ripeto, sperare che i migliorati rapporti colla Francia possano aver cambiato l’indirizzo della sua politica di fronte a quegli italiani. La letteratura che fiorisce sempre più rigogliosa di là dall’Alpi sul pericolo siciliano dovrebbe ampiamente edificarci al riguardo. Leggevo ieri ancora un lavoro recentissimo nel quale un dotto professore al Liceo francese di Tunisi espone con molta competenza i dati del problema. Le sue conclusioni sono semplici e sincere: «La maggior minaccia per l’avvenire francese della Tunisia sta nella persistente italianità del ristrettissimo gruppo della colonia stabile. Senza i suoi sforzi, senza quelle benedette scuole sopratutto, ci sarebbe facilissimo assimilare, mediante l’istruzione obbligatoria e il servizio militare, la massa analfabeta dei contadini siciliani; mêta