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12 italiani all’estero

zionale, chiama in colpa questi infelici del vilipendìo e del disonore cui soggiace in altri paesi il nome italiano.

Nulla di più ingrato e di più ingiusto, o signori, ove si ponga mente, con spirito equanime, ai risultati di tale emigrazione ed alle cause che la determinano.

Sono centinaia di milioni che annualmente contribuisce all’economia del paese il lavoro dei suoi figli sparsi nel mondo; ed è commovente cosa il rappresentarci per un momento i mille eroismi ignorati, le mille lacrime di nostalgia solitaria, i mille dolori di privazioni materiali, e di morali prostrazioni che si compendiano nella ingente somma di sussidio, mercé la quale tanti casi di miseria appaiono alleviati, tante rovine scongiurate, tante piccole fortune formate e consolidate a pro’ del benessere nazionale.

Le terre incolte d’Italia sono da gran pezzo, lo ripeto, un luogo comune di una certa retorica. Ma chi si é curato mai seriamente di questo capitale ben altrimenti grande e fruttifero di incolta energia umana, che con prodigalità incosciente noi incessantemente lanciamo nel mare tempestoso della concorrenza mondiale, triste e regolare tributo della miseria ed ignoranza nostre all’egemonia economica ed intellettuale di civiltà più evolute?

Ahimè! Mentre gli altri popoli, l’inglese, lo svizzero, lo svedese, in buona parte anche il germanico, inviano all’estero operai tecnicamente perfetti, che entrano nelle più complicate industrie a titolo di graduati, noi dividiamo colla Spagna, colla Polonia, colla Turchia, non voglio aggiungere coll’India e colla Cina, il non invidiabile privilegio di fornire al lavoro universale la materia inferiore dei gregarii, dolorosa e reietta carne da cannone industriale, Su cui ricade il peso di tutte le crisi, il danno di tutte le fallite intraprese.

E gli stranieri che non conoscono la patria nostra se non per tali esempi che quotidianamente lor vengon sotto gli occhi, si fermano necessariamente, nella nozione dell’Italia vera, al tipo tradizionale dell’italiano pittoresco, o perché geniale e ispirato (l’artista), o perché lacero e derelitto (il bracciante); «ma dell’artista e del bracciante essi non vedono il lato socialmente utile e prezioso: in quello l’espressione intensa degli istinti ereditari di una razza affinata da 30 secoli di storia; in questo la sua potenza di macchina, rozza si, ma poco costosa — nell’uno il fiore sommo