Pagina:Prato - Italiani all’estero - 1905.pdf/15


italiani all’estero 11

segretamente sognato, rimpatrio. Il ritorno più o men prossimo o la permanenza dipenderà essenzialmente dalle circostanze fortuite d’arrivo e sopratutto dal fissarsi che farà l’emigrante in qualche applicazione agricola stabile.

Solo allora potrà ritenersi che il suo distacco dalla patria sia permanente, e, in massima, definitivo. In caso diverso egli non farà che entrare nell’immane esercito del lavoro italiano nomade e vagante, la cui caratteristica é la temporaneità e la precarietà di sede e di abitudini, ma che, appunto perché intimamente intrecciato alla vita economica dei paesi di destinazione, porge, nel confronto cogli ambienti locali, fenomeni più istruttivi di studio, e più spesso suscita, negli attriti che incontra o subisce, problemi ardenti, la cui eco talora compie perfino il miracolo di scuotere per qualche momento l’apatia serena della madre patria.

Se non che la madre patria, cui poco piacciono i disturbatori importuni della sua olimpica quiete, ha adottata, di fronte a questi suoi esuli errabondi, una linea di condotta della massima semplicità; se ne è cioè disinteressata quasi del tutto. Basta leggere i rapporti di qualcuno tra i nostri consoli per convincersi in quale concetto siano tenute, nelle sfere ufficiali, le masse avventizie del lavoro nazionale. Se pochi, per verità, son giunti fino ad imitare la geniale trovata di quel loro collega in una delle maggiori citta svizzere che, qualche anno fa, per evitare le noie degli emigranti di passaggio, aveva pensato bene di sopprimere l’insegna del Consolato, non occorre però esser molto esperti di menzogne convenzionali per scorgere, attraverso le loro generiche dichiarazioni di simpatia, il senso di fastidio indicibile che l'irruzione periodica di queste turbe procura alla loro burocratica vita.

Ed in senso analogo si é venuta orientando, facilmente persuasa, l’opinione pubblica, impressionata a volta a volta dalle persecuzioni selyaggie di cui questi modesti pellegrini del lavoro sono fatti segno nella loro umile ricerca del pane; dalle ignominie messe in luce relativamente a talune manifestazioni di sfruttamento che tra essi si verificarono; dagli atroci delitti politici che gettarono una luce sinistra sulle tendenze antisociali serpeggianti in quella massa errabonda. Onde il sorgere ed il generalizzarsi della triste leggenda di degradazione, che, nel nome della dignità na-