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10 italiani all’estero

ad apprendere la coltura della vite e del gelso; le migliaia di poderi dei contadini siciliani in Tunisia; le colossali imprese capitalistiche di costruzione del Cairo e di Alessandria; le case di commercio solide e stimate di Smirne e di Costantinopoli; i fiorentissimi esercizii di caffè, di ristoranti, di alberghi di Londra e di Barcellona; e con essi le centinaia di piccole industrie ed i mille mestieri, dai più alti ai più umili e dispregiati, in cui s’esercita, con successo, la versatilità mirabile, l’operosità infaticata, l’alacre spirito inventivo e la longanime perseveranza di questi nostri profughi del disagio e della fame che sì spesso vediamo far ritorno in veste di trionfatori.

Ma, signori, l’arrestarci con compiacenza nella contemplazione del consolante spettacolo, non rivelerebbe del grande e complesso fenomeno che ci sta innanzi se non il lato men caratteristico, perchè il più appariscente. Dalle turbe di pezzenti che quotidianamente vediamo salpare dai porti della penisola alla volta di un oscuro ignoto non si improvvisano i proprietari della terra e i dirigenti de commerci e delle industrie, né pur soltanto gli operai capaci di fornire a condizioni eque forme superiori di lavoro specificato, senza che una somma incalcolabile di sofferenze, di privazioni, talora purtroppo di colpe e di vergogne piombi sulla massa disgregata ed amorfa, separandone gli elementi più resistenti e più forti, per ricadere sugli altri con inesorabile severità.

Onde, se può avere importanza studiare la fisonomia dei nuclei stabili e permanenti, che soli appaiono agli osservatori superficiali, di interesse assai maggiore riesce il sorprendere la massa emigrante nella fase che precede questo processo di selezione, in quel periodo cioè in cui un’azione efficace può ancora sovr’essa esercitarsi, per diretta ingerenza ufficiale, o a mezzo di acconci organi tutelari, dalla madre patria.

La classifica tradizionale che divide l’emigrazione, in base ai passaporti, nelle due grandi categorie di temporanea e permanente, non tien conto, a parer mio, nella presunzione arbitraria di intenzioni su cui è fondata, di un fatto, che è notissimo a quanti ebbero occasione di frequentare con qualche dimestichezza i partenti: che cioè nessuno di essi, anche tra coloro che vendettero per lasciare il paese ogni loro avere, scaccia dal fondo del proprio cuore una tacita, sia pure non confessata, speranza di un possibile, e