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infermo rappresentano incontestabilmente, in linea generale, un onere per il corpo sociale che li riceve; ma se alla loro venuta sia subordinato l’ingresso di forze valide che compensino il danno derivante alla collettività con un contributo più che corrispondente di energie produttive, il problema muta singolarmente aspetto. Tanto é vero che le legislazioni dei paesi favoreggiatori dell’immigrazione, come le repubbliche sud-americane, pur escludendo certe categorie di inabili, fanno espressa eccezione per quelli che giungano accompagnati da parenti validi.
La questione dunque sarebbe di vedere quale sia il limite di compensazione nel quale si incontrano, elidendosi, la deficienza degli uni con la produttività degli altri. Calcolo praticamente quasi impossibile, ma il cui semplice accenno basta a chiarire vie meglio le incertezze e i pericoli che minacciano le soluzioni frettolose ed empiriche in una materia cosi delicata e complessa.
La verità è che tante ragioni contrarie ci lasciano assai perplessi circa l’accettabilità delle misure proibitive, anche se esclusivamente ispirate alla legittima tutela morale od igienica, astrazione fatta da ogni criterio di protezione.
Le leggi di tutti gli stati civili hanno armate, già da gran tempo, le rispettive polizie di quel diritto di espulsione sommaria, pronunciata caso per caso, che ha per effetto precisamente l’epurazione della collettività dai detriti sociali venuti dal di fuori. Francamente non vediamo motivo di sostituire al sistema consacrato dall’uso universale metodi preventivi giuridicamente regressivi (specie quando, come in Francia, si spingano fino a negare la reciprocità del trattamento), economicamente dannosi, politicamente provocatori di diffidenza e di discordie; e che, per colmo di male, neppure ottengono in pratica efficacemente gli scopi che si propongono.
Se la soppressione della concorrenza estera, richiesta ed imposta dalle organizzazioni operaie locali, non rappresenta che un passo di più sulla via di disgregamento che fa capo alla frantumazione di ogni più alto diritto nazionale in una serie caotica di piccoli diritti prepotenti e sfrenati di classi, di gruppi e di categorie, l’esclusione degli indegni o degli improduttivi non è se non un espediente di polizia costoso, vessatorio ed inutile per sostituire cautele largamente assicurate dalla legislazione universalmente vigente.
Non mi si accuserà di divagazioni sentimentali se, dopo tanta analisi di fatti positivi, mi permetto porre il suggello a queste mie conclusioni con una considerazione d’indole etica, servendomi delle stesse parole con cui la espose uno dei parlamentari che più fieramente contrastarono l’ Aliens’ bill: