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tura demografica australiana basterebbero da soli a porre in evidenza la criminale follia d’una politica intesa ad arrestare il popolamento. Sopra un territorio che potrebbe agevolmente mantenere fin d’ora, stando ai calcoli del Leroy Beaulieu, più di 50 milioni di abitanti, ne vivono a mala pena 4, che, alla debolissima rata attuale di accrescimento, impiegherebbero un paio di secoli per salire a 20. Ma tale impressionante deficienza d’uomini riesce sopratutto aggravata dalla mostruosa distribuzione di un popolo che concentra nelle sole città capitali un buon terzo dell’effettivo totale, lasciando deserti gli sterminati territori agricoli, la cui prosperità é l’indice più sicuro di ricchezza e di progresso per un paese di colonizzazione.

Di simile efflorescenza veramente paradossale di urbanismo sui confini di un continente di incolte solitudini é direttamente responsabile una legislazione il cui ultimo scopo sembra quello di sviluppare ed organizzare un colossale parassitismo di Stato, a beneficio d’una sola classe e colla più musulmana noncuranza degli interessi vitali della giovane società. Se anche non fosse vero l’asserto del Ledger che l’intiero sistema delle comunicazioni sia stato congegnato nell’intento preciso di accentrare nelle città principali, ove han sede le trades’ unions ed i partiti operai reclutan i loro elettori, la totalità del movimento commerciale e della vita economica del continente, sarebber largamente bastate le straordinarie agevolezze assicurate dalla regolamentazione industriale al proletariato urbano per determinare un movimento accentuatissimo di diserzione dalle opere dei campi, già per sé stesse dotate di attrattive tanto minori in confronto della vita che si conduce nelle città.

La fissazione legale dei salari minimi, migliorando ancora le condizioni degli impiegati nelle fabbriche, intensificò il movimento centripeto, anche per l'impossibilità in cui più d’un’impresa agricola si trovò di sostenere costi di produzione cosi artificialmente aumentati. Essa ebbe d’altronde conseguenze ancor più gravi, per l’eliminazione che provocò, per parte degli imprenditori, della mano d’opera meno abile, il rendimento della quale non avrebbe raggiunti i limiti imposti al costo; fatto che segno l’inizio di consuetudini sempre più perniciose, quale l’impiego diretto, a spese dello Stato, della mano d’opera di infimo ordine resasi cosi disponibile, e ciò alle condizioni legali, cioè coi salari rifiutati alla medesima sul mercato, e per adibirla ad opere inutili o talora perfino completamente improduttive (caccia ai conigli in campagne deserte, o scavo di fossi che poi venivan nuovamente colmati).

La condizione di disoccupato, osservava il Bordat, divenne per tal modo una vera e propria professione, riconosciuta ed incorag-