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numero di ore di lavoro, converrà ad essi positivamente di lasciar insoddisfatta una parte della domanda mondiale. Essi non hanno nulla a guadagnare col diminuire il costo del processo di produzione, e restano effettivamente in perdita ogni volta che un’invenzione o un perfezionamento nell’organizzazione dell’industria fa si che il loro prodotto sia compiuto con minor lavoro. Insomma ogni cambiamento sarà ad essi ostico, come quello che implica una mutazione di abitudini, nuovi sforzi e nessun guadagno pecuniario. Piuttosto che rinunziare ad avere individualmente il più alto salario possibile, sarebbe fin anche conveniente per essi di arrestare completamente il reclutamento della loro classe e di accrescere progressivamente il loro prezzo, a misura che i componenti scompaiono, l’uno dopo l'altro, fino a tanto che tutta l’industria finisca per scomparire ».

Non occorre altro, ci sembra, a dimostrare nel modo più irrefutabile l’influsso pernicioso che il sistema di limitar artificialmente la mano d’opera esercita sulla efficienza industriale.

Ben lungi dal mutare, i fenomeni cosi mirabilmente descritti dai Webb non fanno che guadagnare in ampiezza ciò che perdono in intensità, se, invece che ai singoli mestieri, il metodo si applichi, come nel caso nostro, alla totalità dei mercati.

Ma i danni sociali della politica protettiva bandita dall’unionismo internazionale in tema di emigrazione si rendon altrettanto manifesti ove, abbandonando i paesi d’arrivo, ci si fermi pure un solo istante a considerare le conseguenze che l'arresto del grande fenomeno naturale non mancherebbe di avere nelle terre di partenza.

Molto si é discusso se l’emigrazione possa ritenersi, per i popoli che in maggior copia la alimentano, un bene od un male (1). È pero sempre, in fondo, una questione assai accademica.



  1. (1) Per l’Italia meridionale ed insulare ]a questione é sempre all’ordine del giorno. Non mancano i pessimisti che, come il TARUFFI, il DE NOBILI ed il LORI insistono sui lati dannosi di un espatrio incontestabilmente eccessivo e morboso (Cfr. La questione agraria e l'emigrazione in Calabria. Firenze, 1907, pag. 754 e segg. e pas'sim); ma più d’un altro studioso dipinge il fenomeno a tinte assai men fosche. Tale lo SCALISE (L’emigrazione della Calabria. Napoli, 1905), e, più recentemente, ADOLFO ROSSI, che, riassumendo le impressioni di una sua gita in Basilicata constatava non potersi negare all’emigrazione questi tre meriti: di aver in generale scemata la delinquenza; di aver fatta scomparire in più luoghi, in altri diminuire l'usura; di aver migliorato qua e la il vitto, sia per l’aumento dei salari dovuto alla deficienza di braccia, sia per la maggior agiatezza dei rimpatriati. Cfr. Boll. emigr., 1908, n. 13. Testimonianze preziose ci recan poi in tal senso i volumi testé distribuiti dall’Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie meri-