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stessa che si vuole torre di mezzo, per assicurare ad un’unica organizzazione sindacale il dominio assoluto del mercato del lavoro; risultato economicamente dannoso, quando il monopolio risulti da coercizioni artificiali, sopprimenti i correttivi spontanei che dalle reazioni naturali contro il sistema scaturiscono a difesa della generalità dei consumatori ed a preservazione, nei monopolisti medesimi, delle attività che sviluppa e tien deste il regime ritemprante della competizione libera (1).

Una breve digressione circa la tanto dibattuta opportunità per gli emigranti italiani di entrar a far parte delle organizzazioni operaie estere ci aiuterà a chiarir meglio i criteri che debbon guidarci nell’apprezzamento di questo aspetto del fenomeno.

Son noti gli sforzi dei dirigenti le masse operaie in Italia per indurre i partenti a dar il nome, appena giunti, a sezioni dipendenti dalle grandi leghe di mestiere locali; e cid nello scopo di eliminar il pericolo del crumiraggio dei nostri, nella eventualità di conflitti cogli imprenditori. Fu tra i primi ad insistervi l’on. Cabrini, al congresso dell’emigrazione di Udine; e il principio da lui sostenuto entro ben presto a far parte del programma politico del partito, che lo additò come antidoto infallibile dei conflitti, non sempre incruenti, delle due mano d’opere sui mercati esteri. Nel 1904 l’on. Pantano inseriva la stessa raccomandazione nella relazione della commissione

parlamentare di vigilanza al fondo dell’emigrazione. E, nel 1906, un funzionario governativo agli Stati Uniti propugnava la ricomposizione di tutta la congerie degli istituti mutualistici del vecchio tipo in un sistema organico di Trades’unions italiane, funzionanti come parte della grande federazione americana, sull’esempio di alcune leghe di



  1. (1) Analoghe considerazioni scaturirebbero dall’esame del famoso principio dell' unità sindacale ,, che abbiam udito affermare anche ultimamente come assioma dai rappresentanti del proletariato socialista italiano, in occasione della proposta rappresentanza delle organizzazioni cattoliche al Consiglio superiore del lavoro. Il pretesto con cui se ne sostenne l’esclusione fu esempio tipico dell’ipocrisia di metodi che abbiam rilevata, dacché a tutti é ben noto l’aconfessionalismo e l'apoliticità della Confederazione generale del lavoro. Ed il voler consacrato da un privilegio di Stato il monopolio che tale federazione s’arroga della rappresentanza morale e materiale dell’intiero proletariato non é che un episodio della lotta implacabile bandita dall’unionismo rivoluzionario contro tutti i raggruppamenti rivali, la cui esistenza assicurerebbe al mercato i vantaggi d’una equilibrata e proficua concorrenza. La votazione quasi unanime del principio dell’esclusione per parte dei mandatari degli enti e degli interessi capitalistici rappresentati al Consiglio superiore del lavoro potrà esser citato, da uno storico dell’avvenire, come sintomo caratteristico della villa che pervade le classi direttive d’una società, agli inizi della loro morale disgregazione.