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leggi contro i cinesi e contro il lavoro contrattuale e prepagato. Ma le leggi non bastarono. Con una minutissima divisione del lavoro, ignota ad altri paesi e resa possibile dalla perfezione del macchinario, i mestieri skilled furono polverizzati in mille semplici operazioni, accessibili agli stranieri unskilled. Impotente cosi a migliorare diret- tamente le sorti dei suoi membri, non meno che a strappare più effi- caci leggi di protezione, l’unionismo americano si trova in condizioni assai peggiori di quello dei paesi dove gli industriali non possono ricorrere all’importazione di mano d’opera (1).

Il protezionismo doganale, riconosce Pietro Leroy-Beaulieu, non sarebbe discaro alle masse, perchè consente agli industriali di pa- gare dei forti salari. Non sempre pero essi lo fanno spontaneamente, onde occorre costringerveli collo sciopero; ed é qui che interviene l'influenza particolare dell’immigrazione, la quale, oltre ad aumen- tare la quantità di mano d’opera offerta, fornisce operai che, per esser venuti dal di fuori, sono, al principio, poco esigenti. Molti scioperi ebbero, per tal causa, esito disastroso, bastando ormai a molte industrie, per l’ingente sviluppo d’un magnifico macchinario, una proporzione minima di lavoratori specializzati. Onde l’immi- grazione annientò veramente una parte dei vantaggi che le classi operaie si ripromettevano dal regime commerciale protezionistico, tenendo basse le mercedi e moltiplicando i disoccupati. Di qui l’odio inestinguibile contro lo scab, la « pecora rognosa » straniera (2).

Fino a qual punto simile modo di vedere debba considerarsi con- sentaneo all’interesse bene inteso delle stesse classi operaie cerche- remo di porre in luce fra breve, richiamandoci a considerazioni di ordine men ristretto e temporaneo.

Limitandoci per ora ad osservare quanto sia empirico sistema quello che più volte trovammo adottato dagli esclusionisti di con- frontare il numero dei disoccupati esistenti nel paese col numero degli immigranti sbarcati per dedurne l’inutilità ed i danni della presenza dei secondi, non sappiamo trattenerci dal riferire per intero uno stupefacente periodo dell’Hall, nel quale l’egregio autore ci for- nisce, con tutta ingenuità, la più splendida confutazione che si possa sognare delle critiche d’ordine economico da lui e dai suoi pari rivolte al fenomeno migratorio: « In conclusion it may be said that

the chief economic effects of immigration have been the settling of



  1. (1) Cfr. * Gauses of the Union-chop policy , in Publications of the American Economic Association. 3° serie, vol. VI, n. 1, febbraio 1905, pag. 140 e segg.
  2. (2) Cfr. “ Le mouvement économique et social aux Etats Unis, Les syndacats ouvriers et la liberté du travail , in Economiste francais, 1905, n. 16, (23 aprile).