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CENSIMENTI E POPOLAZIONE IN PIEMONTE 9


Senza scendere a controllare e verificare i pochi, parziali ed incerti dati, che sulla popolazione medioevale riportarono il Cibrario ed altri storici, desumendoli da conti di castellani e tesorieri esattori della capitazione (1), a noi importa ricordare che il primo tentativo di computo generale non si ebbe prima della restaurazione del 1559, quando Emanuele Filiberto, a preludio delle divisate riforme, commise al Senatore Giovenale di Castelforte di visitare, in persona o per mezzo di uomini provati, le terre del dominio italico, e levarne il censo per famiglie e per anime, con distinzione dei minori di 5 anni e di quelli atti alle armi, degli ecclesiastici, degli artigiani, massime legnaiuoli, muratori e fabbri, chiarendosi altresi delle entrate comunali e di quelle del clero.

Il Ricotti, che scopri e citd il relativo ordine ducale (2), non dice però quali furono gli effetti del geniale provvedimento, né di essi diversamente ci consta in modo alcuno. Sappiamo invece come datino da allora i primi esempi di regolari consegne, riferentesi tanto alla cresciuta gravezza del sale che alle provvidenze annonarie, formanti uno dei caposaldi della politica economica di quell’ epoca.

Dai quadernetti esistenti nell’ Archivio Camerale di Torino, dei quali più d’uno reca la data del 1560 (3), si rileva infatti come, fin da quell’anno (18 luglio), S. A. ordinasse con sue R. Patenti la descrizione dei grani e persone, a mezzo dei castellani e sindaci, con dichiarazione giurata dei particolari. Vero è che di un elenco generale in tale occasione eseguito non risulta altrimenti che dalla testimonianza dell’Ambasciatore Veneto Giovanni Correro, il quale ne cita la cifra come di cosa notoria (4). Una nuova descrizione totale, ricordata pure da un altro ambasciatore della Serenissima, fu

ordinata nel 1569 (ord. 2i agosto di Margherita di Francia luogotenente del



  1. (1) Cfr. Dell’ economia politica del M. E. Torino. 1839, p. 411 e seg., e Origini e progresso delle istitusioni della Monarchia di Savoia, Torino, 1855, vol. II, pag. 127.
  2. (2) Del 22 maggio 1560. Dai Protocolli (Registri delle Segreterie Ducali). A. S., vol. 223 bis, f. 150-57. Cfr. Storia della Monarchia piemontese, Firenze, 1885, II, p. 131. (Ad agevolare l’intelligenza delle nostre citazioni delle carte d’archivio indichiamo alcune fra le più frequenti abbreviazioni: A. S., archivio di Stato di Torino, sez. 1*; A. F, id., sez. 2* [di Finanza]; A. C, id., sez. 3° [Camerale]; A.S. m. e., Archivio di Stato, materie economiche,; B. R., biblioteca del Re di Torino).
  3. (3) Cfr. Categoria Consegna delle bocche umane e bestiami per la levata del sale. Vedi specialmente i quaderni di Chiaverano, Strambino, Murello e un registro delle valli di Susa e Lanzo. :
  4. (4) Cfr. « Relazione di G. C. del 1566» in ALBERI, Relazioni degli ambasciatori Veneti al Senato raccolte ed annotate. Firenze, 1839-58, 2" serie, vol. V, p. 1 e seg.