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l’altissimo ufficio cui il giudice è preposto.

Anche per ciò che riguarda le cambiali, i chèques ed i vaglia cambiarî, la cui materia si presenta mirabilmente distinta e specificata in uno dei rari esempî di codificazione che possegga la legislazione inglese, pochissime sono le sentenze rappresentanti nulla più che un riferimento materiale alle disposizioni dell’uno o dell’altro articolo; ma quasi tutte hanno per base un maturo, oculato e dotto confronto di casi analoghi e di giudicati anteriori; tutte apprezzano, studiano, raffrontano, scrutano, con minutezza di ricerca e precisione di indagine, i menomi fatti e le più insignificanti circostanze della causa; da tutte scaturisce ed emana un’applicazione nuova, un principio pratico, un insegnamento fecondo.

Certo, non giova negarlo, la coscienza dell’azione inapprezzabilmente benefica che la libertà del commercio bancario esercita sulla prosperità economica dell’Inghilterra, induce nei giudici la preoccupazione continua di incoraggiarne e promuoverne vie meglio la facilità dei rapporti. A questo intendimento

essi sacrificano talvolta, senza soverchio rimpianto, un concetto astratto di filosofia giuridica assoluta, preoccupati sopratutto di non inceppare con precedenti funesti il libero e fecondo campo degli affari;1 e quando la legge, colla sua precisa parola o con un significativo silenzio vieti un’interpretazione siffatta, ne invocano coraggiosamente e risolutamente la riforma.2

Ma tale gelosa cura degli interessi commerciali non va mai fino al punto di ledere, in omaggio ad un vantaggio opportunistico, le basi dell’equità naturale tutelante i diritti dei terzi.

Nei casi in cui il diritto del banchiere e quello di un suo cliente si trovino in opposizione, il magistrato esamina con cura anche più gelosa e più minuta tutti i fatti attinenti al rapporto giuridico che tra essi intercede, tiene conto scrupolosissimo di tutti gli elementi incerti, consuetudine speciale, buona fede, accordo amichevole ecc., a proposito dei quali la legge tace, e che son pur tanta parte di una oculata giustizia; ricorre, quando più dubbia appaia la questione di fatto, al verdetto di una saggia e diligente giuria, ed in base





  1. Lo dimostrano specialmente quelle sentenze che, intese a risolvere una questione di diritto comune, hanno rapporto colla giurisprudenza bancaria soltanto perchè una delle parti in causa si trovò ad essere un banchiere. Di queste reputai opportuno riportare qualcuna affinchè meglio apparisse la verità della sovra esposta osservazione.
  2. Generalmente parlando però la legge, rettamente interpretata nel suo spirito, favorisce il banchiere. Essa concede infatti quasi sempre, nei casi incerti, la massima larghezza d’apprezzamento al giudice competente, facendo, come vedemmo, dipendere la risoluzione della fattispecie dalla arbitraria determinazione di circostanze di fatto (quale p. e. il grado di diligenza usato dalle parti), od anche dalla semplice interpretazione d’una parola. A tali concessioni l’istituto della giuria, costantemente chiamato a sentenziare sul fatto, aggiunge una garanzia ed un carattere di praticità affatto eccezionali.