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tare la cambiale a nome della società, o almeno lo fa credere ad un terzo di buona fede.

Essi non possono però venir considerati veri accettanti, dacchè il titolo non li riguarda direttamente.1

2. Se un banchiere apra un conto corrente ad una società la quale, per un articolo del proprio statuto, non abbia potere di prender in prestito danaro, non ha diritto, in caso di liquidazione, a pretendere il rimborso della passività eventualmente esistente nel conto stesso, ma deve anzi rappresentare al liquidatore tutte le somme che, a nome della società, avesse in qualsiasi tempo esatte e dedicate all’estinzione del suo credito, ritenendo soltanto quelle che egli avesse applicate al pagamento di debiti legalmente dovuti dalla società sua cliente.2

Diritti sulle azioni. — 1. Allorchè una società possiede, in forza del proprio statuto, il diritto di rivalersi sopra le azioni del debito eventuale di un azionista, può far valere tale diritto anche quando l’azionista sia tale solo perchè, in qualità di fidecommissario di un dato contratto, investì in azioni della società stessa i fondi fiduciarî.3

2. Le parole « primo e permanente diritto » (first and permanent lien), colle quali una società affermi nel proprio statuto il diritto che le compete sulle azioni per ogni debito eventuale dell’azionista, le conferiscono soltanto la qualità e gli attributi di primo creditore ipotecario e nulla più.

Quando questo creditore sia avvertito o venga a conoscere che di una nuova ipoteca è stato colpito il fondo vincolato, non può pretendere che le anticipazioni ch’esso continua a fare, siano coperte, come le anteriori, dalla sua ipoteca e che valga anche per esse il suo diritto di prelazione.

Se quindi l’azionista di una società di tal fatta depositi presso un banchiere, a garanzia d’un proprio debito, le azioni a lui appartenenti, ed il banchiere ne avverta la società, questa non può far valere la priorità del proprio





  1. C. The West London Commercial B. Ltd. v. Kilson, Porter and Woodward (J. Smith 1883). Journal, V, 227 e sgg. Il giudice osservava in proposito che il principio da lui sancito in base all’equità faceva eccezione alla regola per la quale un’azione può solo essere intentata sopra un effetto da chi sia parte in esso.
  2. C. Blackburn and District Benefit Building Society v. Cunliffe Brooks and Co. (House of Lords 1888, e Court of Appeal 22 Maggio 1885). Journal, VI, 486 e sgg.
  3. C. New London and Brasilian Bank v. Brocklebank (Court of Appeal 8 Maggio 1882 (Chancery Division. Journal, IV, 66 e sgg. Si trattava in questo caso di fidecommissarî di un contratto di matrimonio il quale li autorizzava ad investire i fondi fiduciarî in qualche società commerciale. Essi ne investirono una parte nell’acquisto di azioni di una società anonima, intestandole ad entrambi i loro nomi. Lo statuto della società stabiliva « che essa aveva un diritto priore a qualunque altro sulle azioni di qualsiasi azionista, per qualunque somma da lui dovuta alla società stessa, solo o in unione d’altre persone, e che, quando un’azione fosse ritenuta da più persone, la società aveva ugual diritto per ogni credito eventuale verso una o verso tutte ». Si liquidò una ditta nella quale uno dei fidecommissarî era interessato, ed alla società restarono due effetti rifiutati di tal ditta per l’importo di L. 4000. Chiese allora di poter far valere il proprio diritto di rivalsa sulle azioni. La Corte d’Appello fece ragione alla sua domanda.