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sotto povera gleba; una feroce
malinconia sull’anima mi piomba,
75ed è l’alto desio, che piú mi coce.
quel della tomba.
Gran Dio, che valse il lastrico cruento
render d’Ausonia, e con orrendi squilli
scotere i morti, e volteggiarsi al vento
80armi e vessilli?
Gran Dio, che valse la tiara e il trono
por sul Carroccio coll’evento infido?
Ahi! presso te non può trovar perdono
dunque il mio nido?
85il mio nido d’Italia, ove alle zebe
son pur misti i leoni? ove s’eleva
la tua Chiesa immortai, faro alla plebe
misera d’Èva?
Oggi men pronto a’ tuoi delubri io reco,
90(gran Dio, perdona!) il dubitante piede.
Guai, se tra ’l nembo furioso e cieco
muor la tua fede!
Ah! cotesto roveto ultimo e solo
arda d’Italia alle famiglie grame.
95Per me, tu ’l sai, che in poco eremo suolo
stan le mie brame.
Quando pére l’amor, quando i ridenti
nidi si sfanno per le civiche ire,
dolce è quell’ora, che le sciocche genti
100chiaman morire.