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portati del lutto! e quanti figli orbati
825dei dolci padri! e quante morti oscure
ben piú di questa!
Oh giovinetta! Impara
anzi a lodarti degli dèi, che t’hanno
dato l’amor d’un prode, e te l’han tolto
in un’ora di gloria. E colle greche
830vergini e colle madri abbi comune
quest’alto affanno, e, di ine figlia, il porta
con fermo aspetto. Sulla terra alberga
vecchio il dolor, né senza lui si fanno
le gran cose del mondo. Ogni mortale
835debbe tór la sua parte a rassegnarsi,
lieto assai, se non sia quella piú oscura
del dolor senza gloria e senza fede.
Anch’io, poc’anzi, un gran dolor mi tolsi
d’aver spento gli umani e d’aver fatto
840pianger l’Africa immensa. E, se non era
un solenne pensier di tutte quante
beneficar le stirpi, alta vergogna
sentirei del mio brando.
Anima ed ossa
dell’ossa mie! La funebre ghirlanda
843tessi al tuo prode, e, di lui degna, accetta
la tua parte d’affanno, e ti rallegra,
che la piú bella t’assegnár gli dèi. —
Cora lanciossi nel paterno seno
e amaramente consolata pianse.
830Indi Ielone a Lisida e Tamante
porse la destra; e, congedando, disse:
— Addio, spartano Lisida. Nomarsi
oggi da Sparta è gran ventura. Addio,
Tamante. Riedi alla tua Grecia, e narra
855come vedesti di Ielón le case
e deH’Imèra i campi. E di’ch’io piansi
di Leonida al fato, e che una morte