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quanta di prigionier pallida pregia!
440che tumulto di carri e di corsieri!
che ondeggiar di guerrieri!
quanta barbara elude e quante spoglie!
e raccontar d’eventi,
e pianger sugli uccisi,
445e mescolar di visi,
e rinnovar di non sperati amplessi!
Tutta la bella Siracusa è in gioia.
Ielón cantano i bardi;
Ielón le donne ai fanciulletti insegnano;
450Ielón mirano i vecchi,
letiziando. Intanto
i pii d’arme compagni
cercan Leucippo tra gli spenti prodi;
o dall’Intéra indarno
455e dal pugnato Euróco
l’attendono venir. Povera Cora!
sospendi un tratto il pianto:
forse t’è dato di vederlo ancora.
Il giovine Terón quella fuggiasca
460Affrica serra alle montane falde
con vive mura di sicani tetti;
ne salvarsi oggimai dalla catena
potrá quella sparmiata orda dai brandi.
Del pensoso Ielón nei penetrali
465la pia conso te Demareta or muove,
gratulando al trionfo. Indi gli narra
come sien giunti i punici legati
da Cartagine, ornai per chieder pace
al fortunato vincitor. Che in lei
470locar l’ultima speme; ond’ella il prega,
se mai grazia trovò nel suo cospetto,
per le care vigilie e i fortunati
talami e l’incorrotta inclita fede.