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Son l’ore di vittoria
l’ore dell’uom più belle.
Spunta sull’urne, eterno fior, la fama.
185Vita priva di gloria
è notte orba di stelle;
e gli oscuri né i rei Giove non ama.
Lieto chi pére o (angue,
tinto Tacciar nel sangue
190dell’inimico che morrá con lui!
Al Tartaro ben giugne
chi lascia il nome nelle lingue altrui
dopo le illustri pugne.
Tu la cidonia lira
195m’hai data, Febo. E forse
questa, ch’io mando, è la canzon dell’Orco.
Pur ti fu cónta l’ira,
che amara il cor mi morse,
degl’ignobili sonni in ch’io mi corco.
200Ben trar di freccia appresi;
ma a terra il daino stesi,
e non i prodi. Nella destra mia
oggi altro sangue freme.
Ella te, Febo, e il doric’arco oblia:
205meglio un acciur si preme.
Cartagine è venuta,
siccome lupa a sera,
trovar credendo di cervetti un branco.
Del vile error pasciuta,
210la maledetta fiera
senta l’artiglio dei lion nel fianco.
Porpore, bende, armille,
tende e cavalli a mille
fien nostra preda, e i cotonati e i morti.
215Pria che tramonti il sole,
d’Affrica un vezzo ognun di voi riporti
a spose, a madri, a prole.