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Alto c ne’cieli il sole. Or di due genti
si risolvono i fati. E la vicina
150aurora, usa a raggiar su quel terrestre
paradiso sicano, ahi! non potrebbe
diman trovarvi che un fumante averno,
e sui sassi de’ tempii e le colonne
ferocemente il barbaro seduto
155a indir la servitú.
Stanno i due campi,
di collera cocenti e di vendetta,
in silenzio a guatarsi, a quella guisa
che si stan misurando entro il deserto
due nemici leoni. Ardon le vaste
160pupille, balza sugl’immani dorsi
l’ampio volume delle orrende giubbe,
e con la febbre nel convulso artiglio
raspan la terra, ma non dan ruggito.
Presso la tenda di Ielón, col viso
165colorato di carmi e d’ardimento,
sorge a cantar Leucippo, amor di Cora,
la bella figlia di Ielón; Leucippo,
nato in riva al Cefiso, inclito greco,
splendor di Siracusa agl’inni amica.
170— Greci e sicani padri,
non v’abbia l’Orco inulti
piú lungamente o la tenaria diva.
I parvoli leggiadri
altín son fatti adulti
75 pel cimiero e pel brando. Evviva! evviva!
Cinti i capei di rose,
greche e sicane spose,
uscite aIfi 11. Nei fulminanti valli
guidate un forte ognuna.
180Evviva! evviva! andiamo ai tondi balli
di morte c di fortuna.