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Oggi sul ponte a vespero
passim di Lanzo i figli.
Ma inutilmente cercano
la quercia enorme e i gigli.
205La prima l’uragano
gittò spezzata al piano,
gli altri sul tetro tumulo
mai piú non rifiorir.
Sol qualche notte i villici
210vedono in capo al ponte
un feminil fantasima
baciarne un altro in fronte;
e Satana dall’alto
scendere, a salto a salto,
215e nel man tei di porpora
raccórli e via fuggir.
Sin dai remoti secoli
sulla petrosa scheggia
la pesta formidabile
220del bieco iddio vaneggia.
E, se talor sul guado
la figlia del contado
di qualche Isél la cetera
si ferma ad ascoltar,
225tosto dei due rimemora
il negro abbracciamento,
e sui grand’archi valica
come il folletto e il vento.
E d’una fronda al moto,
230a un suon di fischio ignoto,
gela, che i morti e l’ospite
paventa d’incontrar.