Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/290

XV

i PROFUGHI DELL’OLIMPO

Ingrediare, deôm soboles : patet hospita vobis
ianua corque meum.



E intanto, all’ora bruna,
vanno a torme gli dèi, come i pitocchi,
limosinando dall’umana sede
un grabato e un asil, che li difenda
5dalla pioggia e dal verno.
Arati i volti
han di rughe profonde e nei pensosi
occhi il martiro. Ancor testimonianza
fan dell’Olimpo gli odorati crini
e le rosee cervici ai vagabondi ;
10ma il gesto e l’atto delle sporte palme
e, a quando a quando, un gemito ne accusa
le sommerse fortune.
Asserragliate
rimangono però le avare porte
del
le case ai celesti ; e piú che ad essi
15scorron, credo, benigni i chiavistelli
alla puttana e al ladro.
Or non vi resta,
Latona insigne, che tentar la squilla
del lupanare; e a voi, giovine Febo,