Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
LIII
LUCE E SPERANZA
Torniam, musa, a l’aprile. È acerba usanza
spender nel tedio sconsolato l’ora,
o nel vano desio questo che avanza
ambrosio lume della vita ancora.
Pria di partirci, a la ridente aurora
apriam le imposte della vecchia stanza;
e, come un nido verginal s’infiora,
rivestiamla di luce e di speranza.
Giovinetti e fanciulle abiteranno
le deserte da noi case del mondo:
perché fregiarle di funerei fiori?
Lasciam coltri di rose ai loro amori;
e, cantata la lode al di giocondo,
nascondiam nella fossa il nostro affanno.
LIV
NUME È CHI CREA
Tutto il mio sangue e la mia vita io sento
ne’ cespugli, nell’acque e ne’ pianeti.
Gli astri, l’onde ed i fior sieno, o poeti,
tutta l’anima vostra e il vostro accento.
Aliti in voi da’ tessali laureti
questo, che or viene or va, mistico vento,
e che a Taquile insegna il firmamento,
e il mirto a le colombe e al mar gli abeti.
A voi la forza e il vaticinio è dato,
la gran natura, la fulminea idea,
la parola, la morte, il tempo e il fato.
Vostra amante è la musa e vostra dea:
sino il tedio e TafTanno è in voi beato.
Non piangete di voi: nume è chi crea.