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Madre del Nazaren, lungo ed amaro,
da mane a vespro, è assai nostro cammino;
e, come l’ombra sua, muta è del paro
la fortuna che incalza il pellegrino.
Deh ! non velarti a me, candido faro,
a me che varco in vie senza confino:
poco dal mondo e da me stesso imparo
e giá lasse ho le membra e il capo chino.
Forte piú assai delle mimiche squadre,
dentro accampate a fulminar la mente,
deh! tu mi veglia, gloriosa Madre;
perché, sul punto di fornir la strada,
nella gran notte delle cose spente,
senza lume di grazia anch’io non cada.
XLVIII
E CONTINUO
Quando la sera, senz’ala di vento,
per la tacita selva si dilTonde
lieve un bisbiglio, e par sott’ogni fronde
essere ascosa un’anima in lamento,
i’ me ne vo solingo e a passo lento
per quel rumor che viene i’ non so donde ;
e ciò, ch’ei mi palesa o mi nasconde,
somiglia a ciò che di piú arcano io sento.
L’ombra, il tempo infinito e i suoi misteri,
con l’amore e il dolor di ciò che sparve,
odo tutto nel suon di quelle foglie.
E continuo a formar passi e pensieri ;
e questo mondo, foss’ei pur di larve,
per poco a Laltro, eh’è peggior, mi toglie.