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XLI

GENTIL COSA

L’ore van come i naspi, e il fil si scema
de l’accia ad ogni giro, e il capo ha lieve
chi sovente non pensa al vecchio tema
«Misuriam la speranza al viver breve».
Speri chi solca il grano in fior; chi rema
speri l’approdo; e ognun ciò che far deve,
solerte il faccia; né martir lo prema,
se dilegua il suo di come la neve.
Son devoti a la morte in questa valle
i pitocchi ed i re: tutti un fardello
rechiam di tedio e di miseria a spalle.
Sperar lungo disdice in breve stanza:
gentil cosa è portar sino a l’avello
brevitá di lamento e di speranza.

XLII

PURCHÉ

Purché un raggio di sol sopra noi splenda,
e a noi spunti da terra un fior soltanto,
un fior vestito di beltá stupenda,
generato in Olimpo, il fior del canto;
numi ed eroi da storia o da leggenda
e pontefici e re lasciam da canto,
e i grifoni e le sfingi e la tregenda
del genere mortai, degna di pianto.
Ogni cosa qual sia poniam da parte,
e non per tedio o per gentil dispetto,
ma perché il tempo irrevocabil fugge.
E viviatn soli al buon silenzio e a l’arte:
ché non sovverta il ciel dello intelletto
la gran bufera che nel mondo rugge.