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II
MUSA
I.
Perché, musa, son tuo? Perché a te dono
il piú acceso di tutti i sospir miei?
perché, se avessi una corona e un trono,
per un solo tuo riso io li darei?
perché mi sembra, quando teco io sono,
di viver sempre; e, se con me non sei,
udir parmi il lugubre ultimo suono,
e cader meco spenti uomini e dèi?
perché tardi a venir, vaga Immortale?
Non sai che il soffio senza te m’è tolto,
e la infinita oscuritá mi assale?
Spargi uno almen de’ tuoi celesti fiori
pei deserti dell’aria; e sul mio volto
sin la pallida Morte avrá splendori.
2
Solo, qual ch’io mi son, d’abito e forma,
solo, d’afTetto e di pensier, che nacque
da ciò che mi fu caro o che mi spiacque,
su quest’áiòlá in ch’io pur segnai l’orma;
solo, sia che il mio fral vigili o dorma
sotto coltre o sui muschi in margo all’acque,
strano alla turba che di me non tacque,
re di me stesso e a me giudice e norma;
solo, io debbo passar per questa valle,
tacito interrogando arte e natura,
come dentro da me le adorai sempre.
E a beffe e a plausi volterò le spalle,
sin che Morte mi cangi, in sepoltura,
se pur basti la Morte a cangiar tempre.