Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
polinnia
Piú fresca e piú serena
nel pigro capo ornai
la invocata de’ forti aura ti spira;
205qual per occulta vena
rapidi, or mesti, or gai,
tornano i suoni in una vacua lira.
L’ombra de’ boschi sacri
io lascio, e de’ tuoi passi
210in dolce compagnia mi ti concedo:
ché, ai nitidi lavacri
di Dirce, i membri lassi
mirabilmente rinnovar ti vedo.
La bionda Ebe ti mesce;
215e dal pettine d’oro
della tua Parca or esce
tela ben altra, ed io veglio al lavoro.
Buona umiltá ti morde,
o sognator, di tua desidia tanta;
220a te Polinnia canta:
svegliati al suon delle mie dolci corde.
Scorrea dalla dorata arpa in quel punto
per le dita celesti una profonda
maestosa armonia. L’opra del sogno
225era compiuta, e il sognator d’un balzo
in piè levossi, di sidereo lume
la persona raggiando. I simulacri
taciturni sorgean senza vestigio
di mutamento; ma sorgea l’infermo
230da sé ben altro. Attonito sull’orma
egli rimase: gli fluia nel seno
a balsamiche e larghe onde dai vetri