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La stirpe è sonnolenta,
e sua virtú disperde;
ma il prode emendi i barbari riposi.
Coi rari in questa landa
115ti sveglia e fa’ tua strada:
necessitá comanda
che verso morte senza tregua io vada.
Sorgi! Che fai? Vergogna
t’inspiri il fantolin che si travaglia,
120e mena razzi e scaglia
di fionda; e caro è a noi piú di chi sogna.

momo


Vedete il giovinello
che il naso imbarbugliando
s’andò d’inchiostri e visse in libreria!
125Per Giove, è bello, è bello,
e si nomina Armando,
ma non s’arma che d’ozio e di follia.
Rimaso è a mezzo il corso
per una Circe onesta,
130che con un riso gli levò la nuca.
Come gli balla in dorso
il panno della vesta,
e il suo tarlo le polpe gli manuca!
Col veder d’una spanna,
135cento dotti mortali
dicean, seggendo a scranna,
che questo gufo avea d’aquila l’ali.
Ecco il Prometeo in cura
alta di Giove. Sul triclinio ei giace.
140Oh! lasciamolo in pace,
ché negli orti di Circe e’s’infutura.