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su per l’aura un effluvio sottile
415salirá: poi fia rotta repente
ogni gleba in un cespo d’apriie.
E in quell’ora profonda e ridente,
lá seduta nel tuo paradiso,
ti vedran se sei bella e innocente.
420E diran: — Per che spazio è diviso
il suo canto dai canti mortali,
e dal riso del mondo il suo riso
Péra il giorno che un nembo di strali
fu scagliato per aura si pura.
425a ferir quel sembiante e quell’ali!
E tu, nova e celeste figura,
riderai, come donna che pensi,
d’altre cose, e di queste non cura.
E, a velarti, una nube d’incensi
430mollemente verrá dalla valle
in quell’ora di giubili immensi.
Ma tu intanto ti grava le spalle
della croce del tuo pellegrino,
e soletta dividi il suo calle.
430 Non si monta per altro cammino
su quel giogo coperto di fiori,
non si splende gentil cherubino
che passando per questi dolori.
Con occhi cento, il livido
440poter, che in me s’indraga,
freme dei pigri farmachi,
conta le notti e i di;
e va chiedendo ai rigidi
mastri dell’arte maga
445quando potrá uest’ibrida
larva sgombrar da qui.