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canto quinto 63

e sí intenso patir, venne quel giorno
125aspettato e terribile, che all’opra
cadder le membra, e il cibo, che non manca
al piú mendico, le mancò. Soccorsi
limosinar dal mondo? Oh! pria di larlo
era meglio morir. Morir non era
130la gioia sua?
Ma la mordente fame
vinse i fieri proposti; e, ripensando
che del molto fallir pena e riscatto
esser potea la vita, ella ne volle
trangugiar l’amarezza insino al fondo;
135e, offenditrice, il pan del pentimento
dimandar dall’otfeso.
— Alle sue soglie
ben mi sta ch’io ritorni: ei cosí smunta
mi vedrá, cosí debole alla terra
curvata e supplicante! Io fui la dolce
140compagna sua! Gli parlerò d’un tempo,
ai nostri cuori memorabil troppo.
Non dirò nulla; piangerò. Che importa,
se quel mio Arrigo io non potrò guardarlo?
Parole acerbe ei mi dirá; ma, al prezzo
145di risparmiar nuovi peccati, il pane
non vorrá rifiutarmi. Io non gli chiedo
altro che il pane! —
Alla piú dura croce
oggi la miseranda anima è posta.
Ben merita, o Signor, quando ella giunga
150nel tuo cospetto, che, coi tanti giorni
di spavento e di colpa, anche quest’ora
ella trovi notata.
In ampio velo
chiuse la fronte, e con gli sguardi a terra
sforzatamente a quella volta mosse.
     155Dopo quattr’anni ripassò per vie