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canto quarto 49

splender coll’uom che s’ama, o sulla sponda
seder d’un rivo e udir per la pianura
limpidi canti, e nella folta siepe
il rosignol che piange!... In mezzo all'acque
315morrebbe certo l’amator gentile!
Oh la terra! la terra! Ai primi padri
giá non fûr le pesanti onde marine
prima stanza d’amore!
— E non tel dissi,
Edmenegarda mia, che ti verrebbe
320questo vivere a noia? Esserti caro
quel che a me spiace? Hai detto ben. La terra,
la terra è stanza dell’amor; non questa
prigion dell’onde. Cresce, nel sonante
tumultuar, la vita. A questo pigro
325nido di pesci abbandoniam le stolte
anime di costor. La noncuranza
con lo spregio si paghi. Edmenegarda,
alla terra, alla terra!
— O mio Leoni,
mi batte il cor di questa ebbrezza!
Han d’uopo
330quei due miseri ormai del tempestoso
romoreggiar del mondo!
E un agil cocchio,
tratto in balía di palafreni ardenti,
per le cittá, tra il sonito e la polve,
giá li rapisce; e invidiata splende
335la bellissima donna. E or le vetuste
vie d’Antenore varca; e tu la miri
seder superba e sfolgorante in quelle
marmoree maraviglie, onde ai futuri
inclito andrá del mio Iapelli il nome.
340Or sui berici colli, in mezzo a tanta
allegrezza di verde, alle rugiade
mescon dell’alba i solitari amplessi;


G. PRATI, Poesie

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