d’essere in ceppi! Ignoto 60v’è dunque il lutto della terra nostra?
veracemente? Io ’l credo,
perché le melodie voi neghereste
all’uom che v’imprigiona.
O forse a voi natura 65piú che a noi generosa indole dona?
Ah! no. Non è la prole
dell’uom cui pianga o rida
il vostro canto: è quest’arcana immensa
beltá dell’universo. 70Oh rosignol, divino
flauto de’ boschi, avessi
i tuoi notturni carmi,
come ho l’aura immortal del mio destino.
Chi per selva o cittade 75disamar mi potria? chi somigliarmi?
Ma desiar che vale?
Io non ho le vostr’ale,
né voi le mie. Cantiamo,
augelletti, cantiam, sinché la scura 80notte chiuda su noi l’ultima porta,
e Dio trasformi questa poca e morta
in immortal natura.
Allora, allor soltanto
volo perpetuo e canto 85avremo e libertá. D’ira e di frode
troppo ci mette in gara
quest’aiuoletta avara,
che dalle savie lingue ha poca lode.