va’ tu. — Sola? — Che temi? — È tristo il mondo
ed io fragile troppo! — E ancor sorrise
la infortunata — E poi... da te disgiunta
andar m’accora. — A rivederti. Il cielo 90e il mar t’inebri di sue forti gioie;
poi riedi a me. Mi troverai, tel giuro,
sposo recente! — Inver? Novo portento
giá non sarebbe! — La superba!... Addio.
Fatele guardia, o fanciulletti!... — A questo 95scherzoso favellar termine pose
un’armonia di baci. In aspettando,
canticchiava il nocchier sulla sua barca.
Arrigo strinse la diletta al core;
i bambini traendosi per mano, 100Edmenegarda scese. Onde del mare,
contrastatele il varco! Aure del cielo,
convertitevi in turbine! Non possa
la infelice, non possa! Urti piuttosto,
sdruccioli, cada il remator nell’acque... 105Le muoia un bimbo!... Ma che val? Terrena
prece non muta i preparati eventi.
Ride il ciel, ridon l’acque, i due bambini
ridono anch’essi, il gondolier prosegue
la sua canzone; Edmenegarda pende 110sul negro abisso. E son tutti d’amore
e son tutti di pace i suoi pensieri.
Dalle molli rapita ale de’ venti,
tocca a Lido la prora. E se non fosse