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All’epoca napoleonica il Dostrento, venuto anche in proprietà demaniale del Regno d’Italia durante quella dominazione (1810-1813), fu alienato nell’ultimo anno a mani private. Pietro Zanolini lo dovette poi cedere nel 1850 all’erario militare austriaco per una deliberazione sovrana di Francesco Giuseppe colla data di Schönbrunn 26 maggio 1849.
Stranezza delle date — in un 26 maggio salivano invece il Colle sacro le ceneri del Martire. Mentre, in quest’anno del bimillenario oraziano, anche la lapide d’Augusto attenderebbe forse un congruo duraturo segno d’onore. E nel 1937 scadrà anzi il bimillenario augusteo. Nel 1977, poi, quello della lapide stessa.
Piedicastello.
Piedicastello, culla di Trento, merita pure, prima o dopo il pellegrinaggio al Monumento a Battisti e al Dostrento, una visita. Pare sia lì ancóra a far gli onori di casa.
Piedicastello, ora sobborgo, interessante, movimentato, caratteristico, gioviale, — colla sua lapide saporosa dell’anno 23 avanti Cristo, infissa là come una bandiera d’onore all’angolo esterno di scirocco della chiesa di S. Apollinare (nella traduzione che qui per il grande pubblico vogliam dare dal latino: „Cesare Augusto imperatore, figlio del Divino [Giulio Cesare], console per l’undicesima volta, con podestà tribunizia ordinò; il legato Marco Appuleio, figlio di Sesto, per suo comando curò l’esecuzione [delle opere militari]“), colle sue giocate italiche di pallone sulla piazza avita, col suo patrono S. Apollinare sempre festeggiatissimo nel solleone dei 23 luglio, cantante di cicale, fra „campanò“ (scampanio) per tre giorni, sparo di mortaletti, archi verdi, musiche, cori, luminarie, fuochi artificiali con barche cannoniere, imbarcazioni e traghetto sul fresco Adige, corse nei sacchi, gare sul circuito del Dostrento, torta „da le gradèle“..., sagra in piena regola sempre attesa e gustata dalla cittadinanza — sì, „Pedecastèl, piccola villa e gran bordèl“ (qui „bordèl“ nel senso dialettale di „frastuono“), vien detta anche scherzosamente „la più bella città dell’Europa“! Nell’inverno le rupi solatie del Dosso; d’estate l’ozono confortevole del fiume, la selva accogliente e pura di lassù, e l’aria montanina che scende dall’ultima falda rocciosa, „cròz“ (= croda, rupe), del Bondóne.
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