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col fondovalle (Stazione ferroviaria) di metri 115, con rilevante vantaggio climatico.
Il giro di circonvallazione a valle del Dosso (ponte di San Lorenzo, piazza di Piedicastello, via Brescia, via SS. Cosma e Damiano, via Dos Trento, vicolo di Piedicastello — la via d’accesso a Piedicastello d’un tempo! — e ritorno in piazza), molto ameno, misura meno di due chilometri (circa m. 1900).
La superficie pianeggiante del Dosso importa circa 58.000 metri quadrati.
L’acquedotto vi conduce un’acqua ottima dal vicino monte Bondóne („Trento Alta“= Vanéze), da una altezza di circa 1300 metri sul mare.
Rudimenti storici.
Non ci resta da aggiungere qui che qualche succinta nozione storica. La cosa ci condurrebbe per le lunghe; e rimandiamo il lettore al libro maggiore, e chi volesse approfondirsi ancóra di più in dettagli d’argomento, sia storici che culturali in genere, anche alla ricca bibliografia italiana e straniera del Dostrento e di Piedicastello ivi contenuta (vedi pagine 247-268).
Per la preistoria noteremo che i primi arrivati sul Dostrento dovettero appartenere alle stirpi ibero-liguri (età della pietra); e col loro spirito primordiale di adattamento trassero certo partito dai vantaggi offerti dallo strano e invitevole colle, che poteva difenderli dalle belve e dai loro simili (pianoro superiore, crode e ultimo piede presso le lagune dell’Adige).
Seguirono gli umbro-italici (protoitalici) — età del bronzo — , gli Etruschi e poi i Galli Cenomani — età del ferro — , e così a mano a mano era nata una città, che in processo di tempo, come le viciniori dell’Italia settentrionale, pare sia passata in libera e spontanea dedizione alla Repubblica Romana, col nome di Tridentum.
A fronteggiare la seconda minaccia dei Cimbri il console Càtulo era accampato nella nostra Valdadige, e si crede che la sua difesa sfortunata fosse stata appoggiata al Dostrento e al gran fosso trasversale della vecchia ansa dell’Adige rettificata appena dopo la metà dello scorso secolo all’epoca della costruzione della ferrovia Verona-Trento (1858-1859). (Altri pensano ad un punto più settentrionale della valle, nei pressi di Vàdena).
Istoria d’amore di Lucio Opimio e di Velleda, figlia del re dei Cimbri, gettatasi capofitto dalle rupi di Dostrento.
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