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condate da fregi ricamati in oro. sbiadito. Non una corona, non un fiore su quel povero cadavere disteso.

Son troppi rozzi quei poveri iloti del lavoro e del sacrificio per intendere e apprezzar le dolcezze simboliche di cui la società posta più in alto circonda lo spettacolo del feretro e della tomba. Sul legno volgare dei loro cataletti essi non sanno che spargere lagrime; non sanno che lasciar crescere l’erba selvatica sulle loro fosse senza cippi e senza iscrizione, ma che i dolenti rintracciano come guidati da uno istinto pietoso o come se udissero una voce che li chiamasse da sotterra.

Non so perchè le donne, che seguivano in gran numero il feretro, non erano disposte in fila a due a due, come gli uomini. Forse perchè erano desse le veramente afflitte: e il dolore si ribella alle leggi dell’ordine. Quasi tutte singhiozzavano; molte avevano il grossolano fazzoletto turchino e rosso sugli occhi, parecchie, le fanciulle in ispecie, portavano in tutta la persona, i segni di una angoscia pensierosa e profonda.

L’umile corteggio, composto di poco meno di un centinaio di persone, era chiuso da altri terrazzani che, non appartenendo alla Confraternita, si erano messi i loro giubboni della festa; e in mezzo a loro, correndo innanzi e indietro, fra le gambe e gli ombrelli chiusi, una masnada di ragazzetti scamiciati pei quali quella riunione di gente era una festa tanto più gradita perchè era una soprappiù delle solite del calendario.

La bara deposta, i Fratelli, divisi in due schiere, andarono ad uno ad uno a collocarsi dietro l’altar maggiore. Tutti gli altri si gettarono in ginocchio. Squillò sottilmente un campanello. Don Sebastiano