Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/92


— 82 —

le giovenche, più parche di fiato, rispondevano ogni tanto con un lungo muggito che somigliava a una raccomandazione di aver pazienza.

Sulla strada costeggiante il muro del giardino, quella dove il dì prima si erano fermati a colloquio il Sindaco e il farmacista, sbucò d’improvviso una truce apparizione: un uomo con una cassa a spalle, una cassa da morto. Egli camminava a fatica sotto il peso, il quale, a tutti gli alberi che incontrava, ne scoteva, urtandovi, uno scroscio di goccie di pioggia che prevenivano così quelle dell’acqua benedetta. L’uomo, ad ogni nuovo scrollo, usciva in una bestemmia.

M’accorsi allora delle campane che suonavano pei funerali della povera Gina.

Ed io che il dì innanzi, a quella finestra, aveva nell’anima un carnevale di rime!

Discesi, e trovai preparata la tavola per la colazione.

— Tre posate? chiesi a Baccio che ripuliva, strofinando e soffiando, il mobiglio.

— Ma sicuro; uno voi, due il signor Bazzetta e tre il signor De Emma.

— Il signor De Emma! sclamai, balzando come se mi si fosse posta sotto i piedi una lastra rovente. Ma chi è il signor De Emma?...

— Eh! Come non lo sapete? Il signor medico.... quello che ho condotto a casa io, ieri sera. Siccome faceva un tempo del diavolo, — voi non ve ne siete accorto perchè chi sa come avete dormito.... non potevate tener gli occhi aperti, — e che la veniva a rovesci, si è deciso a passar qui la notte. E a momenti verrà a tenervi compagnia.