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anni inesorabile. I primi bagliori dell’alba che venivano a trovarlo nel letto, egli non li salutava più coll’animo lieto di una volta; «così presto?» pensava, e vestivasi con minor sollecitudine, guardando con un senso d’invidia, che non voleva spiegare a sè stesso, la moglie che russava dall’altra parte. Le erte lo infastidivano; brontolava assai spesso contro l’incuria degli appaltatori stradali: e si sorprendeva le molte volte, a mezzo del cammino altre volte percorso d’un tratto, seduto sotto una quercia, colla testa annuvolata e le ginocchia indolenzite. Nel tempo stesso il suo carattere subiva insensibilmente una trasformazione. Il malumore senza parentesi serene, il non mai interrotto digrignare dell’animo suo, subiva adesso dei lunghi intervalli di stanchezza, nei quali pareva che quell’orso si sprofondasse in una profonda ed amara meditazione. Erano rimorsi? Era presentimento di avvenire funesto? La podagra lo assalì repentina come un colpo di fulmine, e colla podagra tutti gli incomodi e le sofferenze reali o immaginarie che sono conseguenza degli improvvisi cambiamenti nelle abitudini inveterate.
Allora, a sentirlo, non c’era giuntura che non gli dolesse, nè c’era altro sollievo per lui, che stroppicciargli le dita: ciò che la placida sua consorte disimpegnava colla impassibilità e lo scrupolo con cui rigovernava ogni sera il vasellame di cucina. Al mattino era preso da granchi fortissimi allo stomaco che lo contorcevano sulle lenzuola come una serpe a cui si sia fracassata la testa; e lo seppellivano sotto una montagna di pannolini caldi che, egli, dopo un momento, gettava dalla finestra.
Condannato all’immobilità dalla malattia, ebro di noia, un pensiero che non gli era mai passato pel