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facciamo sembiante di nulla. Il curato infatti ci veniva incontro pel viale di mezzo, tutto sorridente, e spalancando le braccia. Avute le mie congratulazioni per la cameretta, pel giardino e per la chiesa, don Luigi si rivolse al farmacista che accendeva una lunga pipa di schiuma e:
— Caro Bazzetta, gli disse amichevolmente, avete data un’occhiata in cucina? Come vedete, oggi il pranzo è proprio di gala; bisogna farsi onore.
— Non dubitate, reverendo, rispose l’altro toccandosi il cappello e inchinandosi burlescamente: ho già impartite le ordinazioncine; ora tocca alla Mansueta ed a Baccio; però un’altra occhiatinina può giovare. Ci vado.
Quando il farmacista fu partito, don Luigi mi stese nuovamente la mano, e stringendo con effusione la mia, mi invitò a sedere sul banco di pietra.
— Mi sembrate preoccupato, disse guardandomi in faccia dopo uno scambio di parole che era durato una diecina di minuti. Ditemi, per carità, che cosa vi ha tolto la ciera contenta di ieri sera? avete dormito male? vi è nata qualche contrarietà? parlatemi come a un vecchio amico, mio caro, giacchè voi siete già tale per me...
— Preoccupato, risposi, oh! no, davvero! È questa lieta novità di spettacolo che mi distrae: ho dormito a meraviglia, ho visto dei soggetti di pittura magnifici, tutto mi sorride e mi piace, sono vostro in corpo ed anima, e vi avverto, don Luigi, che il giorno di lasciar questa casa non è molto vicino.
— E se occorresse barricarla, per allontanarlo di più, son io quello che la muterei in fortezza, sclamò il curato, a cui il lettore s’accorgerà che io non avevo detta tutta intiera la verità.