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mio ospite, assaporando le ova eccellentissime del suo pollaio.
— Signor curato, gli dissi, davvero che, se non avessi coscienza della strada che ho percorso, crederei che qui non sono in Italia. La stranezza del modo con cui oggi ho dato tregua al mio viaggio, la cordialità che mi circonda, il vostro aspetto, tutto mi farebbe supporre d’essere in una di quelle case della Tebaide, dove son vive tuttavia le memorie bibliche, e gli uomini santi le respirano ancora, e le ripetono con antica sapienza...
Il vecchio mi interruppe:
— Tebaide, sì, è una Tebaide questa valle: ma soltanto per la solitudine; quanto al resto, sono troppo indegno del paragone. — Questo pezzetto di cacio... assaggiatene... è dei nostri pascoli. — Ed è per questo che l’ospitalità è qui, oltre che è un dovere, un bisogno, una vera consolazione.
Una malinconia velata, ma che tentava nascondersi invano, suonava nella voce del prete.
— Pochi viaggiatori, m’immagino, passeranno per questi gioghi, diss’io. E son così belli! Da quindici giorni vado errando quassù, e non so come mi reggerà il cuore a riveder la pianura. Vorrei poter vivere sempre in alto, in quest’aria pura, in mezzo a queste scene sublimi; esse valgono, ve ne assicuro, signor curato, tutti gli svaghi e tutti gli agi della città. Io vi invidio...
— Oh! non ditelo! Voi siete giovane, e, alle vostre parole mi sembrate poeta— siete pittore, del resto, e... ut pictura poësis; gioventù e poesia mostrano il lato bello di ogni cosa, e il lato brutto e triste lo nascondono. Pensate la vita di un uomo che è solo da quarant’anni!... senza un’anima con