Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 19 — |
D’improvviso uno squillo, forte e nitido, cadde dall’alto, e rimbombò nell’aria tragicamente.
— Che è questo?
— È Baccio che suona l’agonia per la Gina. E abbandonati i fornelli, e accostatasi ad una scranna, la povera creatura cadde ginocchioni.
O memoria della mia giovinezza!... Contemplai per un istante quella testa grigia, e involontariamente piegai un ginocchio al suo fianco. Fu in questa posizione che trovommi in casa sua il curato di Sulzena.
V.
Mi rivolsi al suono dei suoi passi, mi rizzai, e gli mossi incontro. Egli si fermò, mi stese ambe le mani, e, prima ch’io trovassi una parola, mi disse:
— Quanto vi sono grato di non aver proseguito il vostro viaggio. Oh! non l’avrei perdonata a Baccio, se vi avesse lasciato partire.
E data un’occhiata intorno per la cucina, si rivolse a Mansueta, che si era pur alzata al suo arrivo e che lo stava contemplando come una imagine santa.
I rintocchi dell’agonia continuavano.
— Sei colta all’improvviso, non è vero, poveretta? Hai detto a questo signore l’abbondanza dei nostri paesi?
— Oh! è un signore alla buona. Ed ecco le ova che ha desiderato; fresche come l’acqua del pozzo.
— Una cena simile! disse il curato; e abbassando la voce, soggiunse tristamente:
— E accompagnata da musica siffatta.
Mi introdusse dipoi nel tinello dove la vecchia fante non tardò a depormi innanzi, sopra un tova-