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quella sua eloquenza che un affetto senza limiti le ispirava. Ella, la poveretta, sapeva confessare la sua colpa e giustificare nello stesso tempo Don Luigi. Dimenticava il proprio pudore per difendere il suo e ci riusciva. Mi narrava minutamente tutte le soavi e tristi scene del suo amore per farne risaltare la innocenza, la purezza sopraffatta ma non vinta di lui. Ella aveva avvertito gli ostacoli che le condizioni, i pregiudizi del mondo, gli anatemi della religione metteva fra loro due: ella s’era tolto il compito di spezzarli da sola; di sfidare ella sola il biasimo, le convenzioni, di commettere da sola il sacrilegio, se sacrilegio c’era: — insomma poichè l’amore doveva costare una colpa — ella volle prendere su sè stessa la colpa — dargli l’amore, — prevenendo la sua coscienza, aveva creduto evitargliene i rimorsi. — Io vi dico che quello era un gran cuore, e che il suo era un errore sublime.

Il signor De Emma pronunziò queste parole con forza e ci guardava colla sicurezza di chi intende d’essere creduto— e noi due chinammo assenzienti la fronte.

Il dottore ripigliò:

— Il suo era l’amore meno l’egoismo — L’idillio progrediva rapidamente. Tuttavia finchè non usci dalla cornice di austera realtà del presbiterio, esso rimase sempre così sereno ed innocente. Don Luigi non sarebbe mai venuto meno alla severa illibatezza del suo costume là all’ombra del suo campanile, accanto al suo altare, dove tutto gli rammentava i doveri che la sua coscienza gli rappresentava inviolabili.

Del resto egli non desiderava o non sapeva di desiderare; le gravi occupazioni che venivano ad in-