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Per qualche mese le cose andarono a meraviglia, l’accordo delle due giovani pareva perfetto; quando Rosilde parlava di partire i signori De Emma le davano sulla voce, ed ella messi da parte i pensieri dell’avvenire accettava con gioia la generosa ospitalità.
Ma, dicono i montanari, due galli in un pollaio, due donne in una casa non fanno il paio.
Il sereno non tardò ad intorbidarsi.
Colla salute rinverdiva la mirabile bellezza di Rosilde; la sua fisionomia vivace, espressiva, gareggiava vittoriosamente colla figura forse un po’ tranquilla di Jenny. Tutti ne parlavano in Zugliano e nei dintorni; facevano dei confronti, aggiungevano delle supposizioni che appunto per il loro carattere di maldicenza trovavano larga e pronta accoglienza.
Qualche ciarla cominciò a salire fino all’orecchio della signora De Emma. Ella cominciò a dubitare, poi a sospettare.
Il sospetto è un miraggio che ha l’aria di una rivelazione. Tutte le cose pigliano attraverso a quello un’apparenza menzognera che, per disgrazia, è più verosimile del vero, s’incontrano in una logica più stretta perchè più artifiziale della realtà.
La effusione tutta italiana con cui Rosilde manifestava al dottore la propria riconoscenza, parve a Jenny, più contegnosa, l’espressione di un sentimento più caldo e meno lodevole.
Essa vide in lei non già una rivale, ma una minaccia al suo avvenire, alla tranquillità della casa; e la sua amicizia per Rosilde al soffio gelato della gelosia inaridì.
Tuttavia non trascese in volgari ostilità: dissimulò nobilmente il suo sospetto, il suo timore, tutto,