Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/242


— 232 —

puntellandosi con uno sforzo supremo per alzarsi; volto ad Attilio, con voce soffocata ma abbastanza intelligibile ruggì:

— Fatemi giustizia: dicono che chi m’ha assassinato è il Beppe Rivella, — ma, ricordatevi, che l’ha mandato il curato. Egli m’ha imposto per diciotto anni un suo bastardo e per liberarmene l’ho minacciato di tutto rivelare ed egli.... guardate..... m’ha fatto finire... finire, prete assassino.... giustizia!

E cadde rovescio col capo penzoloni fuori dal letto, livido, convulso.

Era orribile: qualcosa di infernale.

Il medico osservò che la morte non poteva tardare.

Lo sciagurato aveva consunto gli estremi aneliti di vita in quell’ultima protesta di odio.

Appena potei riavermi dallo stupore, mi tornarono vive alla mente le terribili sue dichiarazioni. Secondato dal dottore, dissi ad Attilio che erano menzogne, gli fei elogio del curato e lo scongiurai in nome della nostra buona amicizia di non tener conto di quella accusa.

Attilio si lasciò smuovere a mezzo.

— Poichè, disse, egli ha fatto quelle dichiarazioni estragiudizialmente, se egli non potrà ripeterle in formale interrogatorio, farò di esaminare il curato privatamente. Capirai che non posso prometterti di più.

Lo ringraziai con una stretta di mano.

Sopraggiunse il cancelliere e, non potendosi oramai far altro, Attilio col concorso del signor De Emma eresse il verbale di perizia medica.

Mentre essi lavoravano in un angolo, il sindaco si dibatteva solo nel suo letto. Il suo rantolo intermittente e sempre più fioco accompagnava lugubre-