Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 215 — |
che lei, un sacerdote..... brutto esempio.... pessimo esempio!....
— Ma, esclamai io, chi può averlo informato? Don Luigi si strinse nelle spalle: diamine, era facile indovinarlo.
— E che avete risposto? chiesi.
— Nulla; sono uscito di là che mi girava la testa. Però dicano quel che vogliono; il ragazzo sta bene dov’è e ci resterà.
— Ma possono darvi dei fastidi per questo?
— Non so; faranno quel che vorranno.
E il buon prete si curvò in aria di rassegnazione.
Quella notte stentai a prender sonno: il racconto di Mansueta, quello dello speziale, le confidenze di don Luigi mi giravano per il capo come le aste di un arcolaio; pensavo a Rosilde, al dottor De Emma; costui mi stizziva; mi pentivo di avergli accordata la mia simpatia. Anzi d’essermela lasciata scroccare. Non era egli causa di tutte le disgrazie dei miei amici?
Mi pareva evidente.
Sicuro era lui che aveva abusato della solitudine di Rosilde, della dappocaggine del De Boni, della credula bontà di Don Luigi. Questo era il peggio; compromettere un onest’uomo, esporlo a delle persecuzioni tormentose, implacabili. In fin dei conti facesse la penitenza chi aveva peccato!
Il suo contegno riguardo ad Aminta mi indignava! Perchè ricusava egli il suo appoggio al figlio di Rosilde? Per riguardo alla moglie? Magra scusa quando altri, quando un innocente, per riparare al suo abbandono, mettono a repentaglio tutta l’esistenza. Crudele egoismo!