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E, in ogni caso, egli si fidava troppo. Ci era là chi poteva dargli di grandi molestie, come si vedrà in seguito.
Don Luigi era tanto contento quella sera, che non si diè pensiero di questo piccolo incidente e continuò il discorso.
Mi scordai di riferirgli la promessa data ad Aminta.
Però egli mi tradì subito involontariamente. Non sì tosto, rientrando in casa, ci imbattemmo nel giovinetto, gli corse incontro, lo prese sottobraccio e avviandosi verso lo studio, gli spiattellò senz’altro quanto sapeva sul conto suo, e si affrettò a rassicurarlo dichiarando che, essendosi incaricato del suo avvenire, non solo non intendeva fargli violenza, ma sentiva l’obbligo di aiutarlo a cercare una carriera che fosse interamente di suo genio.
Infine Aminta mi fu riconoscente di avere precipitata questa spiegazione tanto temuta e così insperatamente gradevole.
Dapprincipio il poveretto non osava quasi credere alle proprie orecchie: poi rimaneva interdetto: provava una terribile soggezione del suo successo.
Passammo una gioconda, una deliziosa serata. Si fecero i più lieti pronostici e i più vari disegni per l’avvenire di Aminta.
Anche Mansueta fu chiamata a intervenire nella conversazione. Ella, a dir il vero, ci teneva moltissimo alla ordinazione del nipote. La povera vecchierella non conosceva nel mondo nulla di più augusto che il rocchetto sacerdotale. Per lei i gradi ecclesiastici erano le anella di una catena che legava il mondo al paradiso e doveva finire in mano a Dio addirittura, Ma l’autorevole parere di don Luigi bastava a dissipare tutti i suoi scrupoli.