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Un giorno feci la prova di dirgli;

— Quando si torna in seminario?

Aveste visto il suo sgomento! Come diventò smorto! Si strinse al mio braccio e mormorò:

— O Emilio, che cosa terribile rientrare in quel carcere!

Stetti qualche minuto ad osservarlo, poi gli dissi:

— Non vuoi andarci più? vuoi che io ne parli a don Luigi?

Mi saltò al collo e mi baciò con tanta effusione di riconoscenza che mi commosse fino in fondo alle viscere.

— Credi che consentirà? mi domandò rannuvolandosi di nuovo.

— Lo spero, risposi, per lasciare al buon curato intero il merito di dargli la grande novella.

— Quando ne parlerai?

— Oggi stesso....

— No, oggi no: domani, ma che non ci sia io.

Promisi di contentarlo.

Ma quella stessa sera riferii al curato il tenore di quel nostro colloquio.

Il buon prete mi strinse con effusione la mano e mi ringraziò così vivamente del servizio resogli che a dir il vero ne arrossivo un poco. Mi pareva disdicevole che il Signore ringraziasse Mefistofele d’avergli sedotto il suo Fausto.

Ma come, ripensandoci poi, dovetti ammirare la profonda rettitudine, l’alta carità di quell’animo superiore!

Era una mente troppo vasta per capire nello strettoio del fanatismo; egli vedeva le cose dall’alto e da lontano. Per lui la fede e l’abnegazione non era pas-