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Non ostante questo subito entusiasmo si vedeva ch’era contrariato.

Non fu buono di riappiccare il discorso e nessuno di noi si diè la briga di aiutarlo.

Però dopo un quarto d’ora prese la magnanima risoluzione di andarsene. Ma non senza prima gittare ancora la rete per pescare qualche notizia.

Nell’uscire chiese ad Aminta se veniva con lui, che si sarebbero accompagnati sino in piazza.

— Aminta resta con noi, rispose don Luigi e soggiunse:— anzi fatemi il piacere voi di avvertire il signor De Boni.

Lo speziale non potè trattenere un atto di meraviglia: la sua ciera volpina si aguzzò alla più viva curiosità.

— Le solite... intemperanze? sclamò tentennando il capo, benedetto uomo quel De Boni!...

Ma le desiderate confidenze non venivano.

— Debbo metter io una buona parola? domandò.

— Grazie, per ora è inutile, disse il curato, il signor De Boni non disapproverà che Aminta resti colla zia. In caso verrò io a chiedere i vostri buoni uffici.

— Sta bene.

Lo speziale non era proprio fortunato quella sera: non ne indovinava una. Indugiò un minuto sulla soglia; finalmente, con visibile malavoglia, uscì.

Mansueta, chiusa ch’ebbe la porta, tornando a ritirare i bicchieri, osservò:

— Egli è venuto per comprare, — e se ne va dal sindaco a rivendere.

Il giorno dopo fu segnalato da due grandi avvenimenti.