Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/160


— 150 —

venientemente, mi posi a cantarellare ad alta voce per metterlo sull’avviso della mia presenza.

Egli mi richiamò per nome.

Quando tornai da lui, s’era ricomposto, ma senza ombra di dissimulazione. Mi diè uno sguardo di amichevole confidenza, mi prese la mano e la tenne alcuni minuti nelle sue senza far motto.

— Figliuolo, mi disse poi, ho pensato alle idee ieri manifestate dal dottore.... e, posso errare, ma quello mi pare materialismo nè più, nè meno. — È un argomento che prova troppo.... e nulla. Coll’ammettere l’irresponsabilità delle inclinazioni, si esclude la colpa, e il male; si esclude la pena, la sanzione e il giudice.... È tutto una conseguenza. Quanto a me, dinanzi a questo cielo e a questi luoghi, testimoni di tutti i miei pensieri.... e dei miei errori, — vi assicuro, — del male che ho fatto preferisco sentirmene responsabile e accusarmene, — perchè ciò mi da la speranza di ottenere perdono per me e la consolante certezza che sarà riparato per gli altri. Che ne dite?

Che potevo dire? Il materialismo allora mi dava assai meno fastidio di adesso. Non lo conoscevo che da lontano, e mi seduceva coll’apparenza di una generosa, eroica ribellione contro la più assoluta autorità dell’universo. Pure ammiravo l’ingenua bontà di quell’animo che s’adombrava al pensiero di esser liberato da una obbligazione e protestava contro l’assoluzione offertagli, con una logica che veniva dal sentimento più che dal raziocinio.

Esternai la convinzione che le sue parole non avessero altro movente che una eccessiva austerità di coscienza.